L’audacia dell’improbabile

Il vangelo di questa domenica è una pagina straordinaria che ha ispirato secoli di opere buone nella vita dei discepoli di Gesù. Disegna una scena dove è rivelata, più che la sentenza ultima, la verità ultima sull’uomo.

È mostrato che cosa resta della vita quando sembra non esistere più niente. Resta l’amore del prossimo. Come dice un autore spirituale riferendosi ai gesti di amore ricevuti ed offerti di cui parla il Vangelo: “Sei passi di un percorso dove la sostanza della vita è sostanza di carità. Sei passi verso la terra come Dio la sogna.”

I sogni di Dio appunto, così lontani dalla nostra drammatica realtà. Il presente sembra così lontano da questa visione. L’umanità, infatti, sta affrontando una crisi globalizzata, profonda. Una crisi che rischia di paralizzare e disorientare e non è il risultato di un disordine economico e finanziario, o del venir meno di “collaudati meccanismi di rapporti multipolari”, o di scarsità di risorse, servizi e beni. Questi sono solo una somma di effetti, conseguenze della vera crisi che è politica. Sembra non esistere più una politica fondata sul primato del bene comune come meta. Sembra affermarsi la legge della giungla, la logica dei poteri forti, degli atteggiamenti più spregiudicati. Mi sembra evidente, sotto gli occhi di tutti come il binomio economia e finanza, e una certa disinvoltura etica, stia proiettando la bussola del nostro vivere quotidiano verso la ricerca idolatrica del profitto a tutti costi. Il denaro è davvero un idolo, basta ricordare il fenomeno gigantesco e planetario della corruzione. Di fronte a tutto questo la via maestra che ci indica il Vangelo è una sola: far crescere la cultura della solidarietà, del bene comune, dell’attenzione ad ogni singola persona. Ma serva anche la buona e sana politica, capace di costruire “la città dell’uomo”. Mentre scrivo queste cose mi rendo conto di quanto sia difficile crederci, osare sperare. In un mondo disarticolato come il nostro, in preda a troppe incertezze, sovrastato dalla sfiducia nelle istituzioni e nel futuro, sembra arduo, difficile pensare attuabile tutto questo. Eppure se hai fede diventi capace di sperare l’improbabile. Quando analizzi il mondo con lucida profondità, quando vedi i poteri economici, i poteri delle armi, del narcotraffico, del traffico di persone, così forti che sembrano imbattibili, sembra che non ci sia nulla da fare. Puoi trasformarti in una persona pessimista, disillusa verso tutto e tutti e invece l’improbabile è possibile. Si, è possibile vivere in pace, può esistere una economia solidale, è possibile avere stili di vita rispettosi del creato, avere cibo da mangiare a casa propria, senza essere costretti ad abbandonare la propria terra… La fede in Cristo ci dona “l’audacia dell’improbabile”. Mi piace molto questa espressione che nella prima omelia alla Compagnia di Gesù ha usato il nuovo superiore generale dei Gesuiti, padre Arturo Losa. Questa “audacia dell’impossibile” dovrebbe essere l’atteggiamento proprio delle persone di fede che cercano di testimoniarla nella complessa attualità dell’umanità. Perciò il nostro sguardo è in primo luogo indirizzato a Gesù, che “rende possibile l’impossibile”, come diceva Paolo VI. Per questo motivo la cultura della carità potrà crescere nella vita delle nostre comunità cristiane solo se crescerà anche una profonda vita spirituale; sono strettamente correlate. Con la speranza posta in Dio potremo davvero consolidare la dimensione della carità. Ce lo ricordava in una bella intervista il cardinal Carlo Maria Martini, che alla domanda: “Cos’è la carità?” rispondeva con impareggiabile profondità teologica e spirituale: “La Carità non è qualcosa che costruiamo noi e che si sbriciola tra le nostre mani, è qualcosa che parte da Dio, è la bontà misericordiosa di Dio. Poiché siamo amati e ci sentiamo amati, possiamo Amare. Poiché perdonati possiamo perdonare. La Carità è l’Amore gratuito con cui Dio ci ama, è dunque di origine divina”. Possiamo vivere dunque la Carità nella sua dimensione culturale e nell’aspetto di servizio concreto, solo se ci lasciamo cambiare il cuore dalla forza liberante del vangelo, che genera speranza, audacia che si lascia fermare dalla paura, dallo sconforto, dal senso di impotenza!