Non pagare il casello autostradale: “Truffa” o “Insolvenza Fraudolenta”?

Siamo ormai prossimi alla S. Pasqua, annualmente coincidente con massicci “esodi” di veicoli dalle città verso più amene località di villeggiatura, con autostrade spesso “bloccate” per il traffico intenso.

È quindi buona norma guidare con la massima attenzione, nel rispetto delle norme del codice della strada e non solo.

Recentemente, la Corte di Cassazione, sez. II Penale (sentenza n. 15601/19; depositata il 9.4.2019) ha infatti ritenuto sussistente la truffa, a danno del gestore autostradale, nella condotta dell’automobilista che, in prossimità del casello, impegni l’apposita pista riservata ai clienti “telepass”, privo del necessario dispositivo e quindi proceda immediatamente dietro ad altro veicolo regolarmente abilitato – approfittando dei pochi secondi in cui la barra rimane alzata – omettendo di pagare il pedaggio e riuscendo così a transitare, prima del relativo abbassamento.

Nella fattispecie, l’argomento difensivo, secondo il quale l’imputata sarebbe stata sfornita di patente di guida, viene liquidato dalla Cassazione, sul rilievo che ciò non è stato “mai … dimostrato”.

Condivisibilmente, la Suprema Corte osserva che “peraltro, tale condizione dell’imputata non esclude la possibilità che la stessa abbia regolarmente utilizzato la vettura..”.

Sono infatti ben noti ed all’ordine del giorno gli episodi di guida senza patente.

Fondamentali, nel giudizio di colpevolezza dell’impugnante, risultano poi due circostanze: la sua proprietà dell’autovettura e la reiterata omissione di “qualsivoglia spiegazione alternativa in merito alla disponibilità dell’auto” da parte della medesima.

Quanto al primo profilo, si evidenzia che la “…titolarità della vettura induce a ritenere, secondo una massima di esperienza, che il proprietario ne abbia la disponibilità”.

In tema di prova, infatti, la c.d. “verosimiglianza” e le massime d’esperienza possono consentire ad un determinato dato di assurgere a piena prova, ove si possano escludere plausibilmente spiegazioni alternative, invalidanti l’ipotesi più verosimile.

Ma cosa si intende per “massime di esperienza”?

La Cassazione, esaustivamente, le definisce “generalizzazioni empiriche indipendenti dal caso concreto, fondate su ripetute esperienze … con procedimento induttivo, dall’esperienza comune, conformemente ad orientamenti diffusi nella cultura e nel contesto spazio-temporale in cui matura la decisione, in quanto non si risolvono in semplici illazioni o in criteri meramente intuitivi o addirittura contrastanti con conoscenze o parametri riconosciuti e non controversi”.

In ordine poi al silenzio serbato dall’imputata a fronte delle reiterate richieste di chiarimenti sull’individuazione del conducente in occasione delle condotte contestatele, viene in rilievo l’utilizzabilità, quale prova indiziaria, di “elementi negativi, purché offrano un dato conoscitivo certo, convincente e non generico”.

È ben vero che nel processo penale non è previsto un onere probatorio a carico dell’imputato (a differenza di quanto accade nel processo civile), ma è altresì innegabile che l’imputato è considerato “tenuto a fornire all’ufficio le indicazioni e gli elementi necessari all’accertamento di fatti e circostanze ignoti che siano idonei, ove riscontrati, a volgere il giudizio in suo favore”.

In tale ottica, la reiterata omissione, da parte dell’imputata, di spiegazioni alternative circa la disponibilità della sua autovettura, si traduce – per comune massima di esperienza – nella prova (indiziaria) che proprio la stessa disponesse del veicolo, col quale veniva reiteratamente perpetrato il reato.

La sussumibilità della descritta condotta nell’alveo del reato di truffa costituisce l’approdo al quale accede gran parte della giurisprudenza, anche di merito (v. Tribunale Terni, 12/11/2015, n.1097; Tribunale Genova sez. I, 29/07/2015, n.4250).

Secondo altro filone, invece, sarebbe integrato il reato di insolvenza fraudolenta, di cui all’art. 641 c.p. (Tribunale Napoli sez. IV, 17/12/2015, n.13025; Tribunale Nola, 23/06/2010).

In attesa di un auspicabile intervento nomofilattico delle Sezioni Unite sul punto, è comunque opportuno evitare di verificare “sulla propria pelle” a quale dei due diversi orientamenti possa aderire il Giudice, essendo comunque certa la rilevanza penale di siffatte condotte.

Mi è gradita l’occasione per augurare una serena S. Pasqua a tutti.

avv. Sandro Cannalire