Banconota fotocopiata: è reato. Ecco il nuovo commento commento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 15122/20

Banconota fotocopiata, utilizzata come mezzo di pagamento in luogo buio e frettolosamente: è reato.

Ecco il nuovo commento commento alla sentenza della Corte di Cassazione n. 15122/20

Uno dei rischi più comuni, che si corrono quando si mangia la pizza, è quello di sporcarsi gli indumenti.

A volte, però, si rischia di sporcarsi la fedina penale per… non pagare la pizza!

Ma andiamo con ordine.

L’art. 49 c.p. prevede – tra l’altro – la non punibilità del c.d. reato impossibilequando, per la inidoneità dell’azione o per l’inesistenza dell’oggetto di essa, è impossibile l’evento dannoso o pericoloso.”.

La motivazione sottesa a tale disposizione normativa viene generalmente ravvisata nella concreta inidoneità del fatto a ledere il bene giuridico tutelato dalla norma incriminatrice.

In sostanza, lo Stato rinuncia a punire un fatto, formalmente costituente un reato, ma sostanzialmente inoffensivo.

Il terreno elettivo in cui la giurisprudenza ritiene applicabile detta disposizione è principalmente quello dei reati contro la pubblica fede, laddove si configuri il c.d. “falso grossolano”, ossia percepibile immediatamente da chiunque e senza necessità di alcuna specifica competenza.

L’ esempio più classico è quello del pagamento di un debito pecuniario con le “banconote” di un notissimo gioco in scatola.

Tale è proprio la vicenda di cui si è recentemente occupata la Cassazione con la sentenza 15122/20, depositata il 14/5/2020, in cui un soggetto aveva corrisposto all’addetto alle consegne di una pizzeria una banconota falsa da € 100,00=, per il pagamento del prezzo (per la cronaca: inferiore ad € 18,00=).

Nello specifico, la grossolanità della falsificazione era marchiana, trattandosi di una fotocopia, senza filigrana, per di più, tagliata irregolarmente.

Eppure il Supremo Collegio ha confermato la sentenza di condanna dell’imputato per il reato di cui all’art. 455 c.p. (“Spendita e introduzione nello Stato, senza concerto, di monete falsificate”), ribadendo che la precitata grossolanità vada desunta (con applicabilità della causa di non punibilità ex art. 49 c.p.) non solamente dalle oggettive caratteristiche della banconota utilizzata, ma anche (e soprattutto, verrebbe da dire) ponendo attenzione “alle modalità di scambio ed alle circostanze nelle quali esso avviene”.

Il Supremo Collegio reputa così corrette le valutazioni dei Giudici di merito in ordine alla capacità concretamente ingannatoria della condotta dell’imputato, consistita nell’aver frettolosamente  consegnato al fattorino della pizzeria – in una strada poco illuminata e dopo avere reso generalità false – la detta “banconota”, ingenerando così il dubbio sulla relativa genuinità, che veniva dipanato in seguito dalla cassiera dell’esercizio commerciale.

Le motivazioni della sentenza sono condivisibili, essendo evidente che il falso possa essere ritenuto grossolano, solo previa contestualizzazione delle modalità operative della condotta, che potrebbero condurre ad esiti diametralmente opposti, quand’anche fosse utilizzata la medesima banconota.

Un’ultima nota: l’art. 455 c.p. è procedibile d’ufficio, per cui non sarebbe utilmente rimettibile alcuna querela per bloccare il processo penale.

Alla luce di quanto sopra, il Collegio ha rigettato il ricorso, con condanna dell’imputato alle ulteriori spese processuali, ben superiori alla somma che avrebbe dovuto pagare per la pizza.

avv. Sandro Cannalire